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Epilogo #6: Violet

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2016 17:28
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Città: CAMPIGLIA MARITTIMA
Età: 34
Sesso: Maschile
02/10/2016 17:28

Silenzio, buio, un sedile, la sensazione di vuoto che si ha quando un aereo spicca il volo. Per quanto tempo siamo rimasti sospesi?

Tutto quello che serve per tornare a casa.

Ero seduta su quello che sembrava essere un divano, di un tessuto morbido al tatto, in una stanza riccamente arredata: Lacie mi aveva tolto il cappuccio e i tappi dalle orecchie, ma non il paletto, prima di andarsene.
Passarono ore prima che lui arrivasse e si precipitasse verso di me: mi strappò via il pezzo di legno dal cuore e lo gettò a terra.
«Violet! Piccola mia, come stai?».
«Lucy. Io sono Lucy: conosci il mio nome, usalo».
Mi strinse forte a sé e tra le sue braccia scomparii: avevo dimenticato cosa si provava ad essere abbracciata da un uomo tanto alto. Eppure...

Ti dà fastidio?
Tanto. Perché?
Perché non sono io.


«Dove mi trovo?» chiesi, liberandomi dal suo abbraccio.
«A casa mia, a Philadelphia».
Ormai ero troppo sconvolta per diventarlo anche di più.
«Bene. Posso sapere perché sono qui?».
«Perché mi mancavi: tutti questi anni senza di te, a guardare la tua luce assopirsi dietro le spalle di quel damerino! Piccola...».
«Non chiamarmi piccola».
Non riuscivo a decifrare il suo volto: era sorpreso? O soddisfatto?
«Perché, sei cresciuta, Violet?».
Davvero avevo amato quel sorriso?
«Hai conosciuto il grande amore?»
«Sì».
Rise e mi abbracciò di nuovo.
«Hai ancora così tante cose da imparare... »
Mi sciolsi da lui con uno strattone.
«Forse! Ma non sarai tu ad insegnarmele».
«E chi, allora? Lui non c'è più, Violet, e io ho promesso: nessuno ti darà più fastidio».
Stava sbagliando ogni singola parola: la melodia e il testo non andavano d'accordo. Una cacofonia. Basta, basta...
«Su questo hai ragione, Richard: non lo farà più nessuno».
Mi accucciai, presi il paletto e un piacere intenso mi pervase: aveva paura di me.
«Via ... Lucy, non fare così, no, ragioniamo!».
Scoppiai a ridere.
«Non si ragiona coi matti!».
Calmai le risate, ma mantenni il sorriso.
«Sai, forse ha ragione lui e, forse, ci ho preso gusto».
Piantai il mio malefico amico nel suo cuore vuoto: mi aveva abbandonata? Ora sarebbe rimasto con me. Presi il suo polso e morsi... a lungo...

Che fai? Lucy! Fermati.

Giusto in tempo: non era ancora cenere. Avevo perso la testa, a stare con i Malkavian.
Richard non meritava di venire via con me, Skinner non l'avrebbe avuta vinta, ma le notti erano state fin troppo lunghe per lui. Lo lasciai lì e recuperai un coltello in cucina, che per fortuna era la stanza accanto: ci misi un po', per staccargli la testa, ma fu un lavoretto accurato e quando si sbriciolò tra le mie dita sorrisi soddisfatta. Tolsi le rose, ormai appassite, dai capelli e le gettai sulla sua cenere. Mi sfilai il vestito sporco del suo sangue e lo stracciai, sperando che avrebbero dato per spacciata anche me, che avrebbero incolpato Lacie. Ne ricavai una striscia che avrebbe funzionato da graziosa cintura per la mia vita e andai in cerca della camera da letto per rubargli una camicia: lui era così grande, che mi avrebbe fatto tranquillamente da abito.

Ho ucciso il mio Sire.
Te l'ho detto che stiamo diventando sempre più simili...


L'armadio era pieno zeppo di camicie e ne presi una azzurra, perché sarebbe stata bene con la trama floreale della cintura che aveva fatto parte del mio abito. Mi guardai nell'enorme specchio della stanza e... lui non c'era. L'ultima volta era al mio fianco e mi stringeva, le sue mani erano su di me e mi tenevano vicino. Potevo sentire il suo odore, accarezzare la sua pelle, guardare i suoi occhi, baciare le sue labbra, amarlo senza limiti, senza freni, senza pensieri... devo urlare.

Ero in ginocchio tra i frammenti dello specchio e la camicia era macchiata del sangue che sgorgava dai miei occhi, che finalmente piangevano, e dalla mia mano che lo aveva rotto con un pugno. Il vetro tagliava, feriva, e rifletteva l'immagine distorta di me, del mio volto stravolto, dei miei occhi che non sembravano neanche più viola, della camicia... azzurra. Una bambina sconvolta dal pianto in un puzzle di riflessi scintillanti che deformavano e moltiplicavano la mia angoscia.

Loving you forever, can't be wrong
Even though you're not here, I won't move on
Ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ah-ahh
That's how we played it
And there's no remedy
For memory
Your face is like a melody,
It won't leave my head
Your soul is haunting me
And telling me
That everything is fine
But I wish I was dead...

Non dirlo neanche per scherzo, neanche cantando.
Ho perso tutto, tutto!
Sai che non è vero! Sii forte, amore mio. So che puoi farcela.
Un'altra camicia, una qualsiasi: nera andrà bene. Dopotutto, sono vedova.


Manca poco all'alba, ormai, e dormirò qui. Questo quaderno era troppo bello per lasciarlo stare e io avevo bisogno di scrivere la mia storia, prima di lasciarmela alle spalle per iniziarne una nuova. Non è un lieto fine, questo, ma è pur sempre il finale di un atto che era destinato a concludersi come nelle migliori tragedie.
Realizzerò i nostri sogni, amore mio: vedremo il mondo e lo avremo ai nostri piedi.
Il letto è così comodo, così grande, così vuoto... c'è troppo spazio per le mie gambe, per i miei pensieri... sole, vieni, ti prego, imponimi il torpore, spegni i miei sensi e ridammi la forza.
Domani partirò e troverò un posto tranquillo, una qualche casa della Pennsylvania sul confine di un bosco, vicino a un fiume, con una vista che toglie il fiato. Staremo lì, finché ne avremo voglia, e una volta che ci saremo stufati cercheremo conforto altrove.
Sono libera, ormai: Richard non manderà più nessuno a sorvegliarmi.
Non sarò più sola, mai più.

Non vado da nessuna parte, mia dolce Lucy.
Mi mancherai comunque.
Ora dormi, amore mio.
Mi sveglierai tu?
Ti sveglierà la notte e tu la rischiarerai.
E staremo insieme, amore mio?
Per sempre.


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