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- Vampiri - Il Risveglio - Gioco di Ruolo dal Vivo -
 
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Epilogo #5: Medea

Ultimo Aggiornamento: 02/10/2016 17:25
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Città: CAMPIGLIA MARITTIMA
Età: 34
Sesso: Maschile
02/10/2016 17:25

Quando la lama calò se ne accorse appena. Rimase sospeso, qualche istante che ebbe qualcosa del senso di eternità che a volte aveva provato. Avrebbe voluto lasciarsi cadere, precipitare nell’Inferno a cui apparteneva la sua anima dannata. Sospeso nel vuoto, si rese conto di ricordare, di essere ancora se stesso. Che strana sensazione. Non c’era più carne, nessun cuore, niente sangue, la Sete, la Bestia, bellezza, sofferenza, piacere, passione, desiderio, oscurità, amore. Non c’era amore. La mancanza di una parte di sé, il senso di incompletezza, tutto ciò che rimaneva di lui. Forse tutto questo già bruciava in eterno, come aveva sempre voluto. No, ora non lo voleva, non ancora. Mancava qualcosa. Un viso. La sua pelle. Le labbra e il loro sapore. Il suo odore, così intenso in mezzo a quei ricordi lascivi, in quei ricordi in cui il suo corpo si muoveva, camminava. Adesso lo faceva anche lui, in un luogo che aveva preso la forma della sua città, ma che non lo era. In una reminiscenza di arroganza, immaginò che fossero stati i suoi ricordi a creare per lui quel limbo, così come avevano fatto con le sue sembianze. Vide le sue mani, sentì vagamente di nuovo la forma del suo corpo: forse era solo un frammento di memoria che fingeva di essere pura percezione. Era consapevole di essere stato distrutto: in parte aveva scelto da solo quella fine. Che cos’era quel luogo, allora? Il profilo della città e delle persone che incrociava, figure che sembravano vagare alla ricerca di qualcosa quanto lui, vicine eppure lontane dal suo tocco, come se fossero coperte da un velo. Il Velo. Forse si trovava oltre esso. L’aldilà era dunque questo? Un Purgatorio di anime perdute condannate alla prigionia dei propri ricordi e dei propri tormenti? Se davvero era così, dichiarò contro quell’infinito vuoto che tutto ciò era ingiusto.
Vagò alla sua ricerca. Quel tocco, quel sapore, quel sentimento folle e intenso. Tornò dove aveva visto i suoi occhi la prima notte. Tornò dove aveva accarezzato per la prima volta il suo viso, cercando quasi di fare l’amore con lei attraverso uno sguardo. Tornò dove l’aveva contemplata per la prima volta senza vestiti, sfiorando il suo corpo e la sua anima, provando l’intenso dolore che si prova quando si scopre un sentimento reale. Quando giacque sul letto in cui avevano celebrato la loro unione, avvertì la sua presenza. Sentì quelle lacrime come se fossero le sue. Quel cuore spezzato. L’eco di quell’immensa sofferenza. Si tirò su, lentamente, e rimase fermo. Avrebbe dovuto correre? Gridare, invocare quel nome, come un supplice disperato? Non ne era in grado. La sua anima era in pace, la sua storia terminata. Avrebbe dovuto arrendersi e lasciar cadere anche ciò che rimaneva da bruciare. Un insieme di sensazioni dimenticate, quasi completamente svanite, ancorate in quel pallido limbo dal desiderio di ritrovarla. Lasciala andare, lasciati andare, lasciala andare, lasciati andare. Lasciala andare.
No.
Il suo spirito vagò oltre il Velo mentre l’eternità passava, mosso dal bisogno, dalla speranza di averla di nuovo.
Medea.

Un richiamo, prima che il mondo diventasse nuovamente nitido in maniera quasi fastidiosa. Riconobbe quel posto. Una volta l’aveva baciata di nascosto dietro a quell’angolo, con le mani che cercavano la carne sotto la stoffa, cercando di unirsi ancora una volta, ancora più in profondità. Le sfumature di quel ricordo ancora dipingevano l’aria, ma lei non c’era. Al suo posto, le insignificanti ombre di vampiri mascherati, riflessi di un’esistenza alla quale era appartenuto anche lui, intrappolati in quel guscio di meschinità ed emozioni vane. Provarono a sedurlo con le lusinghe, cercando di accendere in lui l’interesse per quel mondo in rovina, per il quale aveva sacrificato tutto. Difficile, impossibile, per loro capire. Mentre discorrevano del niente, lui si chiedeva come fosse riuscito a superare quel confine: era così grande il suo bisogno per quella parte mancante, per lei? Perduta in qualche luogo lontano, il suo pianto lo richiamava a sé, prigioniera in quel vuoto che teneva incatenato anche quell’ultimo briciolo della sua volontà. Per questo lasciò che le faccende del mondo lo contaminassero un ultima volta; per questo decise di ingannarli, di usare quell’arte un’ultima volta.

Tornato nel suo limbo, attese. Quella fugace visita nel mondo aveva fugato ogni dubbio sul fatto che lei camminasse ancora in quelle notti, sul fatto che a separarli non fosse il Velo fra corpo e spirito. Anche lei era oltre. Anche lei stava vagando alla sua ricerca? Si, anche lei aveva provato a raggiungerlo, ma il suo spirito doveva essersi perso nella caduta, avvolto in un dolore dal quale solo lui avrebbe potuto liberarla. Forse per questo non era riuscito a precipitare completamente: semplicemente quella parte di volontà si rifiutava di abbandonarla da sola in quel luogo vuoto. Se solamente avesse potuto ricordarne l’essenza che così tante volte aveva assaporato nelle profondità di un bacio licenzioso. Doveva attendere, anche per l’eternità, se necessario. L’inferno poteva aspettare.

Quando i due Giovanni evocarono il suo spirito, lei non stava piangendo. Si accorse a malapena che il mondo era tornato quello che aveva ripudiato in mezzo alle fiamme. Ricordava di esserne stata consumata, di venirne ancora consumata, ma non era il fuoco che ancora la avvolgeva a farlo. Poteva vedere i suoi capelli rossi ondeggiare come se fluttuasse sospesa sopra un baratro in cui non riusciva a lasciarsi sprofondare, mentre altri frammenti di se stessa sfumavano via leggeri per poi ricomporsi continuamente, come se tutto ciò che rimanesse di lei fosse come la nebbia di una gelida mattina di primavera ancora legata al gelo dell’inverno. I due che l’avevano chiamata in quel luogo provarono a parlarle, ma lei non sentì le loro parole. Il suo tormento erano quelle immagini: un ballo lento ed elegante, circondata dallo sfavillante splendore di un tempo passato, abbastanza vicina da sentire i loro vestiti incontrarsi per alcuni momenti e i loro spiriti sfiorarsi per brevi istanti; la pelle nuda che ne incontra un’altra, dita che sfiorano luoghi segreti e quei frammenti di anima che emergevano come onde su un mare dagli abissi profondi e amari, mentre nell’aria si innalzano preghiere lascive; uno sguardo, una carezza, uno schiaffo, un bacio, un nome che pronunciava come una supplica senza sapere perché. Domande gli vengono poste, ma sono come sussurri fastidiosi, echi lontani che perdono di senso e svaniscono nel nulla. Voleva solo rimanere così, immobile in quel vuoto, perché tutto ciò che rimaneva di lei, senza lui al suo fianco, era fumo e cenere.

Quel richiamo arrivò mentre si trovava sotto l’arco in aveva desiderato di baciarla la prima volta, il momento in cui aveva deciso che l’avrebbe amata per sempre. Di nuovo tornò indietro, nel mondo che si era lasciato alle spalle: non importava cosa ci fosse attorno, in quale edificio decadente fosse stato evocato stavolta. Perché l’unica cosa che vide quando il mondo che i suoi ricordi avevano creato scomparve, fu lei.
Medea.
Per un attimo la sua immagine era rimasta solo un fantasma indistinto dai capelli rossi, avvolta da un fuoco che sembrava scaturire dalla sua stessa sofferenza. Era bastato un momento perché i suoi occhi riprendessero il loro meraviglioso colore fra il verde e il castano, perché l’immagine che aveva di lei si ricomponesse, dandogli l’illusione di poter di nuovo accarezzare quel viso, ora bagnato da lacrime di sangue scuro, lungo quelle guance agognate. Mentre lei muoveva primi passi incerti, chiedendosi se ciò a cui assisteva fosse reale, lui capì di nuovo se stesso e il motivo per cui non aveva lasciato che tutta la sua volontà si perdesse oltre un confine che nemmeno la sua immaginazione riusciva a concepire, poiché oltre ad esso, Medea non era con lui.
Demian. Era stato il suo nome e di nuovo lo era, perché erano le sue labbra a pronunciarlo. Provò qualcosa che gli ricordò un momento di felicità, mentre la sua mano si alzava lentamente a ridurre quegli attimi troppo lunghi, per scoprire se tutto ciò che desiderava era davvero lì. Quando le loro dita si percepirono, quando la loro mano raggiunse quella dell’altro, Demian non resistette e la tirò a sé, facendola cadere fra le sue braccia. E in quel momento quasi impazzì. Chiamò il suo nome decine di volte soltanto per pronunciarlo ad alta voce, perché lei lo sentisse, perché lui lo sentisse, proprio come adesso sentiva lo spirito della donna che amava, incapace di smettere di stringerla, di baciarla con tutta la passione che era rimasta all’interno di quell’anima perduta. Il mondo scomparve di nuovo, il mondo era già scomparso. Esisteva solo lei, esistevano solo loro due, sospesi in quel vuoto eterno. Tutti i ricordi svanirono, tutti i desideri svanirono.
Ciò che infine cadde nelle profondità di un inferno per i giusti fu nient’altro che un puro sentimento e un eco nell’infinito a sussurrare il nome dei due amanti che ad esso avevano dato vita in un ultimo atto di amore e di morte.

My face in thine eye, thine in mine appears,
And true plain hearts do in the faces rest;
Where can we find two better hemispheres,
Without sharp north, without declining west?
Whatever dies, was not mixed equally;
If our two loves be one, or, thou and I
Love so alike, that none do slacken, none can die.


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