Epilogo #7: Milo Buttler

Quando il paletto lo trafisse, Milo se ne accorse appena. Aveva sempre pensato che sarebbe stato doloroso, invece tutto si era bloccato in un istante. Era perfino rimasto in piedi, senza che sul volto si dipingesse lo stupore e la sorpresa che aveva provato nell'istante in cui aveva capito quali erano state le conseguenze delle sue azioni. Inizialmente i suoi sensi avevano cercato di catturare tutto il possibile dal mondo esterno, mentre i suoi uomini lo portavano via: suoni, immagini, odori, tutto, prima di sbattere violentemente sulla lamiera di un furgone e un cappuccio nero in testa interrompesse quell'ultimo contatto che aveva con l'esterno. Le sue percezioni erano diventate confuse, un misto indistinto di memoria e sensazioni presenti estratte da un concetto temporale ben definito. Ogni sforzo per rimanere vigile e cosciente si spense quando gli chiusero le palpebre, intrappolato in quello che sembrava un sonno senza fine, preda di sogni, ricordi e incubi. I suoi sforzi si conclusero con l'accettazione della sua morte e del suo fallimento. Passò la paura, passò la graffiante voglia di sopravvivere, lasciando spazio solo all'abbandono.


« Come down off your throne and leave your body alone. Somebody must change ...».
Non ricordava di aver mai sentito quel motivetto, anche se quella voce era stranamente familiare.
«Quel tuo bizzarro Fratello mi starà maledicendo in questo momento. Oh, non riesce proprio a nascondere quanto odi quelli come me, ma in fondo anche noi abbiamo avuto alti e bassi non è vero? Sai meglio di me come vanno queste cose: per quanto si detesti qualcuno, a volte gli interessi si incrociano, ti incontri e stringi un patto. Incrocio, evocazione, accordo. Tutto così prevedibile, non credi?».
Sì, una voce familiare. Aveva ancora gli occhi chiusi. Forse era steso da qualche parte.
«Devi credermi, mio caro Milo: quando ci siamo conosciuti, non avrei mai pensato che le cose potessero prendere questa piega. No, davvero. Ho anche pensato di distruggerti un paio di volte e te lo saresti anche meritato, ecco. Da parte mia, certo, forse non ti ho detto l'intera verità. Ma non ho mai mentito. Non ho mai mentito, Milo».
Aveva scandito bene l'ultima frase, forse si era avvicinato a lui. Improvvisamente provò di nuovo paura.
«È importante. Fondamentale, direi».
Sentì le sue dita posarsi sul petto, vicino a dove il paletto affondava nella carne, circondato probabilmente da sangue secco. Doveva aver sporcato il suo completo. Che spreco.
La voce sospirò.
«Sei un caso senza speranza, Milo Buttler, ma si da il caso che io abbia un debole per i bambocci senza speranza, oltre che per le psicopatiche e le cantanti. Forse i miracoli accadono davvero».
Lo sentì avvicinarsi al volto, come se Biancaneve stesse per ricevere il bacio del risveglio.
«Ascoltami bene, mio caro stronzetto. Quella che senti adesso non è la fine: è vita, un nuovo tipo di vita. Apri gli occhi. Vedi ciò che io vedo, prova ciò che io provo».
Il paletto scivolò via dal suo petto e il suo corpo fu invaso da un piacevole formicolio. Restò immobile per qualche secondo prima di provare a muovere le dita e, infine, aprire di nuovo gli occhi verso le tenebre, tenebre che avevano il colorito pallido di un volto sorridente, le sfumature rosse di due occhi nascosti da occhiali da sole rotti, ombreggiato da un cappello tribly portato come in un vecchio film in bianco e nero.
«Andiamo ad ululare alla luna, Louis».